Allegoria delle pene d’Italia
Francesco Xanto Avelli
(Rovigo, c. 1487 – Urbino, c. 1542)
ALLEGORIA DELLE PENE D’ITALIA
1527-1530 ca.
PIATTP
Ceramica, maiolica, (cotto porcellanato)
Diametro: 26,7 cm;
Padova, Musei Civici
Iscrizioni:
Sul retro: “nota gli affanni / tuoi misera italia. / pesa y/Ø”
Note:
Il piatto non si presenta in buone condizioni conservative, anzi è stato frutto di un intervento di ricomposizione.
Provenienza:
Legato Sartori Piovene • passato al Museo nel 1917.
Esposizioni:
Padova 1993, cat. 294.
Bibliografia:
Moschetti 1938; Munarini 1990; Munarini e Banzato 1993.
Commento dell’opera:
Questo piatto fa parte della produzione giovanile di Xanto, quando ancora si firmava ponendo il tipico simbolo “y/Ø”, sul quale ormai la critica concorda sull’attribuzione.
Il soggetto di questa maiolica è di tipo politico e va con ogni probabilità ricondotto ai sanguinosi e tragici eventi che hanno colpito l’Italia in quel torno d’anni; e, in effetti, questo piatto va esaminato in coppia con l’altro,simile anche nelle forme, esaminato in Scheda n. 282. Elemento unificatore dei due piatti è il levriere che occupa esattamente la porzione centrale dello spazio; in questo caso il cane volge il proprio capo all’indietro,nella direzione di una grande chiocciola, che sta proprio davanti ad un Cupido poggiato ad una piccola colonna con il volto racchuiso tra le mani in gesto di disperazione. La parte sinistra della composizione è dominata da un uomo nudo steso visto di spalle poggiato su un’idria dalla quale sgorga un flusso d’acqua, dunque l’uomo è da intendere come personificazione del fiume, e, con grande probabilità,il fiume in questione è proprio il Tevere. Accanto all’uomo, all’estrema sinistra dello spazio sta in piedi un gallo rivolto verso gli altri personaggi del racconto. Ad accentuare il senso tragico della narrazione è il drappo nero che scende a coprire la parte destra del paesaggio del piatto.
La personificazione del fiume sembra essere desunta, con quale piccola modifica, dal personaggio in basso a destra del Martirio di San Lorenzo di Marcantonio Raimondi da Baccio Bandinelli (Bartsch 26, p. 135, n. 104); mentre per il Cupido non è stata rinvenuta ancora alcuna incisione che funga da fonte iconografica.