La morte di Laocoonte
Francesco Xanto Avelli
(Rovigo, c. 1487 – Urbino, c. 1542)
LA MORTE DI LAOCOONTE
1530 ca.
PIATTO (FRAMMENTI)
Ceramica, maiolica, (cotto porcellanato)
Diametro: 35 cm;
Brunswick, Herzog Anton-Ulrich Museum
Iscrizioni:
Sul retro, in blu: “Eccoti pito il fer’ Laocoonte / vibrar il hasta nel caval Troiano et due Serpenti. Ognu feroce et strano / Tutto vorarlo co lor voglie prote historia”
Note:
Il piatto si presenta in buone condizioni conservative.
Bibliografia:
Meier 1902; Lessmann 1979.
Commento dell’opera:
La morte di Laocoonte è un soggetto ripreso da Xanto in diverse occasioni e per la vicenda si rimanda alle Schede n. 09, n. 26, n. 331 e n. 347.
L’impianto compositivo è il medesimo: davanti ad alcune rovine si vede Laocoonte su un altare con i suoi due figli, avvolto dai due serpenti. Tutt’intorno stanno alcuni soldati, greci e troiani.
È bene ricordare in questa sede i riferimenti citazionistici dalle incisioni celebri all’epoca, e in effetti in questo piatto il richiamo ad un’incisione è davvero forte, e si tratta del Laocoonte di Marco Dente di Ravenna (Bartsch 26, p. 240, n. 243), che raffigura il celebre gruppo scultoreo dei rodiani Polidoro, Agesandro e Atenodoro, conservata in età romana nel palazzo dell’imperatore Tito, rinvenuto nel 1506 nel palazzo di Nerone sul Colle Esquilino nella Roma di papa Giulio II, al secolo Giuliano della Rovere.