La storia di Porzia
Francesco Xanto Avelli
(Rovigo, c. 1487 – Urbino, c. 1542)
LA STORIA DI PORZIA
1528-1530 ca.
TONDINO
Ceramica, maiolica, (cotto porcellanato)
Diametro: 26,5 cm;
Collezione privata
Iscrizioni:
Sul retro: “vedi Portia ch’il ferro al / fuoco affinal / .historia. y/Ø
Provenienza:
Appartenuto alla collezione di M.Y. Taylor • passato in seguito alla Galleria Barberini di Terni.
Bibliografia:
Catalogo della vendita Sotheby’s, Londra 14 Aprile 1981, lotto n. 28; Ravanelli Guidotti 2007.
Commento dell’opera:
Il soggetto raffigurato in questo piatto è stato successivamente indagato da Xanto in quanto lo raffigura anche in un piatto conservato a Londra ascrivibile alla fase finale della sua parabola artistica commentato in Scheda n. 54.
La fonte letteraria in cui è raccontata la vicenda di Porzia è il testo di Valerio Massimo dal titolo Atti e detti memorabili degli antichi romani,in cui appunto viene narrato che la giovane figlia di Catone Uticense, nonché moglie di uno dei cospiratori che uccisero Cesare, in seguito al suicidio del marito, decise anch’ella per la soluzione estrema ingerendo dei carboni ardenti. La rappresentazione di tale storia in questo piatto è dunque fedele al testo, in quanto si vede sulla sinistra Porzia in piedi mentre si accinge a portare alla bocca alcuni carboni ardenti presi proprio dal fuoco che sta bruciando nell’altare posto al centro della composizione; sulla destra, corre verso Porzia un’ancella, nel tentativo di dissuadere la fedele moglie da un gesto tanto estremo.
Il soggetto è facilmente deducibile grazie proprio all’iscrizione posta all’interno del peduccio sul retro, ed è bene considerare la fonte letteraria cui si richiama in quanto è ripreso dal Trionfo d’Amore di Petrarca, in quanto al Libro III, verso 31 si legge: «L’altra è Porzia, che ‘l ferro e ‘l foco affina».
Per creare le figure dei propri personaggi, Xanto ha fatto uso di incisioni di cui disponeva nella bottega in cui lavorava, e in effetti Porzia è desunta da una delle madri sulla sinistra nella Strage degli Innocenti di Marcantonio Raimondi (Bartsch 26, p. 33, n. 21); mentre l’ancella è ripresa dalla stampa con La raccolta della manna di Marcantonio Raimondi (Bartsch 26, p. 17, n. 8).