L’inondazione del Tevere

L'inondazione del Tevere
L’inondazione del Tevere

Francesco Xanto Avelli
(Rovigo, c. 1487 – Urbino, c. 1542)

L’INONDAZIONE DEL TEVERE

1531

PIATTO

Ceramica, maiolica, (cotto porcellanato)

Diametro: 45 cm

Milano, Museo di Castello Sforzesco

Iscrizioni:
Sul retro: “.M.DXXXI. / Versando il regal Tibro turbid’acque / Nel trenta, e’l mar spigendo l’onde à terra / Roma sott’esse be tre giorni giacque. / .historia. / fracesco Xanto Avelli da / Rovigo pise i Urbino.”

Note:
Il piatto si presenta in buone condizioni conservative.

Bibliografia:
Petruzzellis-Scherer 1980.

Commento dell’opera:
Xanto raffigurava per la maggiore scene che si rifacevano ai miti classici (esemplare è il caso delle Metamorfosi di Ovidio) o alla letteratura cavalleresca (come ad esempio l’Orlando Furioso dell’Ariosto), ma si cimentò anche in scene tratte dalla storia contemporanea. È dunque il caso cui ci troviamo di fronte in quanto è qui illustrata la piena del Tevere del 1530, iniziata l’8 Ottobre e durata ben tre giorni, come si evince dall’iscrizione riportata sul retro del piatto stesso. Si trattò di un’inondazione, l’ultima di tutta una lunga serie, che portò grande devasto e nella quale perì un ingente numero di persone, le cifre si aggirano attorno alle tremila vittime, còlte nel sonno dalle acque esondanti. La maiolica qui in esame assume un’importanza realmente maggiore in quanto si tratta dell’unica testimonianza che fornica un chiaro ricordo di questo tragico evento; per farsi, in tal modo, espressione della concezione di Xanto della propria arte, ovvero un qualcosa di estremamente vivo e vivace, specchio della propria contemporaneità.
Ma ciò che più attira l’attenzione di un attento occhio osservatore in questo piatto è l’enorme e largo uso che Xanto fece delle stampe che circolavano all’epoca, si può in effetti affermare che proprio per la realizzazione di tale scena ha utilizzato il maggior numero di incisioni. È necessario, dunque, isolare ogni singola figura per poter rintracciare il modello corrispondente: l’erma e i tre personaggi centrali nel cavetto sono una citazione letterale dell’ampiamente utilizzata e studiata serie de I Modi di Marcantonio Raimondi da Giulio Romano; l’Apollo nella parte sommitale è ripreso dal Parnaso di Marcantonio Raimondi (Bartsch 26, p. 244, n. 247); la figura dell’uomo barbuto e canuto sulla sinistra proviene dall’incisione di Marcantonio Raimondi con Baccante e giovane; (Bartsch 26, p. 282, n. 294) le tre fanciulle che gli stanno dietro sono riprese dalla Contesa tra Muse e Pieridi di Gian Giacomo Caraglio (Bartsch 28, p. 186, n. 53), una delle quali, quella con lo strumento in mano, ripresa in controparte. Spostando l’occhio sulla parte destra, la figura di giovane visto di profilo mentre sta poggiando il piede sinistro in avanti e volgendo capo e sguardo alle proprie spalle è ripreso dalla figura del giovane Ascanio nella stampa di Gian Giacomo Caraglio con Enea che fugge da Troia (Bartsch 28, p. 196, n. 60); le due figure di giovani che stanno appena dietro di lui sono mutuati dall’incisione Quos ego di Marcantonio Raimondi (Bartsch 27, p.49, n. 352); infine, le tre figure nei pressi della colonna in marmo rosso sono riprese dal Massacro degli innocenti di Marco Dente di Ravenna da Baccio Bandinelli (Bartsch 26, p. 33, n. 21), dall’Uomo con naiade anch’essa di Marco Dente di Ravenna (Bartsch 26, p. 223, n. 226) ed infine la figura stesa vista di scorcio sembra citazione dal dipinto di Giulio Romano in Palazzo Te a Mantova con Psiche portata nelle arie da Zefiro, del quale però è bene ipotizzare che Xanto avesse a disposizione non tanto un bozzetto o un disegno da un taccuino, quanto piuttosto una stampa da lì tratta.

[C.G.]