Piatto con Ercole e Cerbero

Francesco Xanto Avelli
(Rovigo, c. 1487 – Urbino, c. 1542)

PIATTO CON ERCOLE E CERBERO

1536

Ceramica, maiolica, (cotto porcellanato)

Diametro: 26 cm

Brescia, Museo di Santa Giulia

Iscrizioni:
Sul retro: “.1536. Contra ‘l trifauce Ca Hercol / possente. / .F.X. / .R.”

Note:
Il piatto si presenta in buone condizioni conservative.

Esposizioni:
Firenze 2012.

Bibliografia:
Ravanelli Guidotto 1988; Ravanelli Guidotti in Brescia 2006; Mazzotti 2012

Commento dell’opera:
Non viene esplicitato come nella maggioranza dei casi, ma anche qui la fonte cui fa riferimento Xanto per questo piatto è Ovidio, più precisamente l’episodio  narrato nel VII libro delle Metamorfosi, in cui appunto è narrata l’ultima delle fatiche di Ercole. Ercole è celebre per le sue leggendarie imprese e imprese, divenendo in tal modo simbolo della potenza vitale e della forza sovrumana, come pure del coraggio combattivo e conseguentemente simbolo di vittoria. Generalmente viene rappresentato sia imberbe sia barbato; il corpo si presenta sempre vigoroso e possente, con una muscolatura forte e ben delineata, e difatti nel più dei casi viene raffigurato in azione, proprio a sottolineare la sua grande energia fisica. Attributi del dio sono la clava e la pelle leonina, appartenente al leone Nemeo da lui ucciso nella sua prima memorabile fatica.
La storia narra che Euristeo mandò Ercole nell’Ade per riportare sulla terra Cerbero, il cane dell’Ade, uno dei mostri che custodivano l’impero dei Morti e ne proibivano l’ingresso ai vivi ma soprattutto ne impedivano l’uscita, e per fare ciò Zeus ordinò a Ermes e ad Athena di aiutarlo. L’immagine che generalmente viene data di Cerbero è appunto quella di un cane con tre teste, una coda formata da un serpente e sulla schiena si innalzava una moltitudine di teste di serpenti. Cerbero era incatenato proprio davanti alla porta dell’Inferno e atterriva le anime nel momento in cui queste vi entravano.
L’impresa di Ercole consisteva per l’appunto nel riportare Cerbero sulla terra, ma, ottenuto il permesso da parte di Ade, questi lo obbligò a riuscire a dominarlo senza fare ricorso alle armi: Ercole lottò contro il guardiano degli inferi con le sue sole braccia soffocandolo a metà del corpo, e lo portò ad Euristeo.
Interessante è notare proprio una serie di costanti rimandi e riprese dalle stampe coeve operato dal maestro rodigino, qui in particolare il soggetto è ripreso da un’incisione di Gian Giacomo Caraglio da Rosso Fiorentino, il quale aveva dedicato all’eroe in questione una serie di sei incisioni. Il titolo dell’opera ben conferma non tanto Ercole che uccide il cane a tre teste Cerbero, quanto piuttosto la battaglia che combatte con Cerbero stesso.

[C.G.]