Scilla e Cariddi

Francesco Xanto Avelli
(Rovigo, c. 1487 – Urbino, c. 1542)

SCILLA E CARIDDI

1531

PIATTO

Ceramica, maiolica, (cotto porcellanato)

Diametro:26,6 cm;

Newcastle-on-Tyne, Hatton Gallery, University of Newcastle

Iscrizioni:
Sul retro vi è la seguente iscrizione: “.1531. / Di Silla & di Carib / di parlamenti. / fauola. / fr: Xato .A. Ro / uigiese i Urbino / pii”

Note:
Il piatto si presenta rotto e successivamente riparato.

Provenienza:
Già nella collezione di Wilfred Buckley.

Bibliografia:
Rackham 1940; Watson 1986; Triolo 1996.

Commento dell’opera:
L’episodio istoriato in questa maiolica è tratto dalle Metamorfosi di Ovidio, in cui nel Libro XIII è narrata la storia di Scilla, anche se sembra che Xanto abbia frainteso il racconto in quanto la conversazione si Scilla non è rivolta a Scilla bensì a Galatea. Si vede qui sulla destra Scilla, vestita con un lungo abito drappeggiato mentre tiene in mano una lancia o bacchetta; il suo sguardo è volto verso la sinistra nei confronti di un gruppo di fanciulle: tre di loro sono completamente vestite,mentre la prima, probabilmente da identificare con Cariddi sta gesticolando nello spazio nella indirizzandosi a Scilla, sebbene comunque va tenuto in considerazione che nel racconto Ovidio parla di una conversazione tra Scilla e Galatea e non con Cariddi. Tre ninfe nude si stanno bagnando nella pozza d’acqua che si vede in primo piano, ed una di loro tiene in mano una pipa; e l’attenzione di tutti e sei i personaggi sembra convogliare nella direzione di Scilla.
Al centro del piatto è rappresentato lo stemma con Ercole mentre lotta con il leone Nemeo, il quale purtroppo non è ancora stato identificato (per ulteriori approfondimenti si rinvia alla Scheda n. 43).
Com’è abitudine in Xanto, le figure sono tratte da stampe famose che circolavano a quell’epoca; in particolar modo Scilla è citata dal Parnaso di Marcantonio Raimondi da Raffaello (Bartsch 26, p. 244, n. 247) mentre le ninfe sono riprese dalla Contesa tra le Muse e le Pieridi di Gian Giacomo Caraglio da Rosso Fiorentino (Bartsch 28, p. 186, n. 53).

[C.G.]