La favola di Pico

La favola di Pico
La favola di Pico

Francesco Xanto Avelli
(Rovigo, c. 1487 – Urbino, c. 1542)

LA FAVOLA DI PICO

1528

TAGLIERE

Ceramica, maiolica, (cotto porcellanato)

Diametro:27,5 cm;

Gubbio, Museo Comunale, Palazzo dei Consoli

Iscrizioni:
Sul retro si legge: “1528 / M° Giorgio / da Ugubio y/Ø”, vi sono inoltre decorazioni lustrate e in blu l’iscrizione: “De Pico et Canete y/Ø”.

Note:
Il piatto è stato recentemente restaurato in quanto si trovava frammentato e dunque l’intervento ha previsto la ricomposizione, in seguito alla quale è stato possibile leggere l’anno d’esecuzione.

Provenienza:
Collezione Castellani ; Zschille; Pringsheim; Altomani.

Esposizioni:
Deruta 2004.

Bibliografia:
Cioci 1993; Mattei-Cecchetti 1995; Fiocco e Gherardi 1998; Bernardi 2001; Sannipoli 2004.

Commento dell’opera:
La scena si svolge in un’ambientazione boschiva e si vede sulla sinistra un uomo a cavallo armato di giavellotto mentre sta inseguendo un cinghiale visibile in primo piano sulla destra. Sull’estrema destra sta invece, davanti ad un albero, una donna vestita d’un caldo rosso mattone, che regge nella mano destra un fascio d’erbette. Si intuisce dunque la fonte letteraria di tale scena: le Metamorfosi di Ovidio, al Libro XIV in cui viene narrata proprio la storia di Pico e Canente: Pico, re dei Laurentini era sposato con la bella ninfa Canente, era solito andare a caccia di cinghiali, cavalcando un focoso cavallo. Un giorno, in un bosco mentre era alla ricerca di particolari erbe rare, la maga Circe vide il poderoso giovane e se ne innamorò perdutamente: immediatamente evoca il fantasma di un cinghiale, che il prode Pico vede e decide di inseguire, ma il cinghiale scappa fino ad un bosco ove il cavallo non osa addentrarsi; proprio qui, lontano dagli uomini al seguito di Pico, Circe può confessare al giovane il suo amore.
Per quanto riguarda, invece, la fonte iconografica, è possibile ricondurre al momento solamente la figura della donna, in quanto ripresa dal Parnaso di Marcantonio Raimondi da Raffaello (Bartsch 26, p. 244, n. 247).

Su gentile concessione del Museo comunale di Gubbio.

[C.G.]