Ero e Leandro

Ero e Leandro, Rovigo - Museo dei Grandi Fiumi
Ero e Leandro, Rovigo – Museo dei Grandi Fiumi

Francesco Xanto Avelli
(Rovigo, c. 1487 – Urbino, c. 1542)

ERO E LEANDRO

1540

PIATTO

Ceramica, maiolica, (cotto porcellanato)

Diametro: 27,5 cm;

Rovigo, Museo dei Grandi Fiumi, concesso in prestito da Fondazione Banca del Monte di Rovigo

Iscrizioni:
Sul retro, in nero: “1540 / Leadro i mare, et / Ero alla finestra. / .X.”
Note:
Il piatto si presenta in buone condizioni conservative, sebbene sul retro siano visibili alcune screpolature ritoccate con tracce di stucco.

Ero e Leandro, Rovigo - Museo dei Grandi Fiumi - retro
Ero e Leandro, Rovigo – Museo dei Grandi Fiumi – retro

Provenienza:
Mercato antiquario (Altomani & Sons)

Commento dell’opera:
In questo piatto, in cui Xanto annota diligentemente la data d’esecuzione, dunque il 1540, alla fine del capitolo centrale della propria parabola artistica, la scena raffigurata è tra quelle maggiormente proposte nelle maioliche da lui decorate.
L’iscrizione aiuta ampiamente ad identificare il soggetto, in quanto si tratta appunto della storia di Ero e Leandro, narrata da quello che molto probabilmente è uno degli autori antichi più apprezzati dal maestro: Ovidio. Inoltre l’iscrizione è un chiaro riferimento ad uno dei Trionfi di Francesco Petrarca, nello specifico si tratta del Trionfo di Amore in cui, al Libro II, si legge al verso 21: «Leandro in mare et Ero a la finestra». Considerate proprio queste due fonti letterarie, la riflessione che sorge naturale è proprio la grande raffinatezza di Xanto, soprattutto in relazione alla padronanza che possedeva il maestro con i testi antichi, presumibilmente conosciuti grazie a moderne edizioni a stampa.
La tragedia di Ero e Leandro è inscenata in un paesaggio dominato dal torrione sulla parte destra, ma il ruolo principale è giocato dall’acqua, che è proprio l’elemento  fulcro del dramma; sulla sinistra e sullo sfondo vi è un tipico paesaggio spesse volte riproposto da Xanto con un albero dalle fronde d’un verde smeraldo intenso e delle alture che viste appunto in lontananza assumono un colore blu.
Leandro era un giovane d’Abido, amante di una sacerdotessa di Afrodite, la giovane e bella Ero, che viveva a Sesto, città situata sulla sponda opposta dell’Ellesponto, proprio dirimpetto alla città di Abido. Ogni notte il giovane innamorato attraversava a nuoto lo stretto che lo divideva dalla propria amante, guidato dal lume che Ero teneva accesa proprio in cima alla torre,sulla casa in cui ella abitava. Purtroppo, in una notte tempestosa, la fiaccola si spense e Leandro non fu in grado di ritrovare la costa, perduto com’era nel buio della notte; e, proprio nelle stesse acque che lo conducevano alla sua amata, trovò la morte. Il giorno seguente, il mare condusse con le sue onde il corpo di Leandro proprio ai piedi della torre alla quale si affacciava la bella Ero, la quale appena vide la macabra scena, si disperò infinitamente e si precipitò nel vuoto gettandosi dalla finestra non volendo sopravvivere al suo amato.
I personaggi raffigurati in questo piatto sono, dunque, facilmente identificabili, ma è bene sottolineare proprio la presenza di Cupido in primo piano sulla destra, il quale, gettata a terra la faretra con le frecce, usa entrambe le mani per coprirsi il volto e cadere anch’egli in disperazione per la tragedia appena avvenuta.
Xanto crea le proprie composizioni meditando su fonti letterarie ma anche, e soprattutto, su fonti iconografiche e il mezzo a stampa, di recente invenzione, trova ben presto grande successo, in quanto le incisioni dei grandi maestri vengono utilizzate proprio come motivo d’ispirazione, soprattutto per produzioni alquanto seriali e di veloce realizzazione come appunto potevano essere prodotti in ceramica. In questo caso specifico la figura di Leandro riverso in acqua è ripreso dalla stampa con Davide e Golia incisa da Marcantonio Raimondi da Perin del Vaga, probabilmente da un disegno di Raffaello (Bartsch 26, p. 19, n. 10); Ero è ripreso dalla Contesa tra le Muse e le Pieridi di Gian Giacomo Caraglio  da Rosso Fiorentino (Bartsch 28, p. 186, n. 53); Cupido è tratto dalla Morte di Cleopatra di Agostino Veneziano da Raffaello (Bartsch 26, p. 104, n. 198); ed infine le tre donne sulla sinistra potrebbero essere frutto di una meditazione su alcuni personaggi nell’incisione con il Rapimento di Elena di Marcantonio Raimondi da Raffaello (Bartsch 26, p. 208, n. 209).

[C.G.]