Il salvataggio di Camilla

Francesco Xanto Avelli
(Rovigo, c. 1487 – Urbino, c. 1542)

IL SALVATAGGIO DI CAMILLA

1534

TONDINO

Ceramica, maiolica, (cotto porcellanato)

Diametro: 26,5 cm

Venezia, Museo Correr

Iscrizioni:
Sul retro: “.1534. / il fortunato scapo / de Camilla. / . F.X. / i Urb:”

Bibliografia:
Petruzzellis-Scherer 1988.

Commento dell’opera:
L’episodio qui messo in scena è tratto dal testo virgiliano dell’Eneide, in quanto appunto al Capitolo XI viene narrata la vicenda del salvataggio di Camilla. Metabo, tiranno dei Volsci di Perno, fu cacciato dai suoi sudditi a causa del suo duro governo e di conseguenza  fugge con la figlia Camilla,arrivando alle rive del fiume Amaseno. Purtroppo però nell’impresa è stato seguito dal suo popolo infuriato e nel tentativo di Metabo di riuscire a salvare almeno la figlia, lega dunque la piccola Camilla, dopo averla ricoperta di scorze e di sughero,  al proprio giavellotto e la lancia dall’altra parte del fiume, affidandola mediante  le proprie preghiere alla dea Diana, che potrebbe ragionevolmente essere identificata con una delle due donne sulla parte destra del tondino. Il personaggio maschile semi nudo che si vede in primo piano sulla destra è personificazione di una divinità fluviale: notevole è il trattamento della muscolatura che rende l’idea di una certa potenza fisica.
Com’è usuale nella pratica di Xanto, le figure dei personaggi qui rappresentati sono riprese da alcune stampe che vengono ad assumere dunque la funzione di fonti iconografiche appunto dalle quali trarre alcune citazioni. Nello specifico la figura di Metabo è tratta dall’incisione con  la Battaglia tra Romani e Cartaginesi di Marco Dente di Ravenna da Raffaello o Giulio Romano (Bartsch 27, p. 108, n. 420); Amaseno, personificazione del fiume, invece, è ripreso, in controparte, dal Martirio di San Lorenzo di Marcantonio Raimondi da Baccio Bandinelli (Bartsch 26, p. 135, n. 104); ed infine le due donne sulla destra sono citazione dalla Contesa tra le Muse e le Pieridi di Gian Giacomo Caraglio da Rosso Fiorentino (Bartsch 28, p. 186, n. 53).

[C.G.]