Piramo e Tisbe
Francesco Xanto Avelli
(Rovigo, c. 1487 – Urbino, c. 1542)
PIRAMO E TISBE
1536
TONDINO
Ceramica, maiolica, (cotto porcellanato)
Diametro: 26,1 cm
Washington, Corcoran Gallery of Art
Iscrizioni:
Sul retro: “1536 / Vedi piramo, e, Tisbe / isieme a l’ombra / F X / Rovi:”
Provenienza:
Collezione Hainauer • Collezione Clark.
Bibliografia:
Watson 1986.
Commento dell’opera:
Il soggetto, alquanto apprezzato da Xanto se si considera le numerose volte che lo ha raffigurato, è ripreso dalle Metamorfosi di Ovidio, in cui al Libro IV viene narrata la storia di Piramo e Tisbe, due giovani amanti di Babilonia cui però è stato vietato dai propri genitori la possibilità di unirsi in matrimonio. I due giovani però continuavano a frequentarsi di nascosto grazie ad una crepa nel muro che separava le loro case. Una sera si diedero appuntamento nei pressi della tomba di Nino, appena fuori dalla città, ove vi era un gelso che cresceva a fianco di una fonte. Tisbe arrivò per prima all’appuntamento e di lì a poco sopraggiunse una leonessa per abbeverarsi alla sorgente; Tisbe dunque fuggì ma la sua sciarpa volò e finì tra le fauci della leonessa che ridusse in brandelli e se ne andò. Successivamente arrivò Piramo, che non appena vide la sciarpa della sua amata ridotta in quello stato pensò immediatamente all’epilogo più tragico, e senza riflettere scelse di suicidarsi infilandosi la spada nello sterno. Poco più tardi, quando Tisbe fece ritorno, vide il proprio amato riverso a terra morto, sfilò la spada dal corpo del proprio amato e uccise se stessa.
Le fonti iconografiche di tali figure sono da ricercare nella Contesa tra le Muse e le Pieridi di Gian Giacomo Caraglio da Rosso Fiorentino (Bartsch 28, p. 186, n. 53); la figura di Tisbe al centro del piatto che si trafigge con la spada è tratta, in controparte, dall’incisione con una Menade opera dell’anonimo Monogrammista PP; Piramo steso a terra in primo piano, invece, è ripreso dal soldato morto che si vede sullo sfondo della Battaglia con la sciabola di Marcantonio Raimondi da Giulio Romano (Bartsch 26, p. 210, n. 211) ed infine il Cupido sembra preso dal Matrimonio di Alessandro e Rossana di Gian Giacomo Caraglio da Raffaello (Bartsch 28, p. 197, n. 62).