Ino e Atamante

Francesco Xanto Avelli
(Rovigo, c. 1487 – Urbino, c. 1542)

INO E ATAMANTE

1529-1530 ca.

PIATTO

Ceramica, maiolica, (cotto porcellanato)

Diametro: 25,5 cm;

Ubicazione sconosciuta

Iscrizioni:
Sul retro: “De ino et Athamate ifuriati. Fabula.”

Note:
Il piatto si presenta in buone condizioni conservative.

Provenienza:
Collezione Matthew Uzielli • Collezione Duc de Dino • Collezione Hnery Leroux.

Bibliografia:
Catalogo della vendita della collezione di Matthew Uzielli, 12-19 Aprile 1861, lotto n. 364; Catalogo della vendita della collezione di De Duc de Dino, 08 Maggio 1894, lotto n. 34; Catalogo della vendita di Henry Leroux, 26 Febbraio 1968, lotto n. 136; Triolo 1996.

Commento dell’opera:
Come in moltissimi altri esemplari decorati da Xanto, anche in questo caso si tratta di un episodio narrato nelle Metamorfosi di Ovidio, nello specifico nel Libro IV. La figura più a sinistra che, nuda, regge per la caviglia il fanciullino sopra l’acqua è da identificare appunto con Ino ed il bambino con suo figlio Melicerto. Sulla parte destra del piatto si constata una figura maschile, che deve essere intesa con il marito di Ino, ovvero Atamante, anch’egli rappresentato nudo, con un corpo dalla vigorosa muscolatura, còlto nell’atto in cui sta per lanciare il loro altro figlio Learco proprio nella direzione dello sperone roccioso che campeggia al centro dello spazio della composizione. In alto al centro è rappresentato lo stemma non ancora identificato con tre falci lunari argentee su fondo blu scuro.
Per la composizione Xanto ha fatto uso anche di alcune stampe come fonti iconografiche per creare le proprie figure, nello specifico la figura di Ino è ripresa dalla Contesa tra le Muse e le Pieridi di Gian Giacomo Caraglio da Rosso Fiorentino (Bartsch 28, p. 186, n. 53); il bambino, quindi Melicerta, è tratto dalla Danza di Cupidi di Marcantonio Raimondi da Raffaello (Bartsch 26, p. 215, n. 217) ed infine Atamante è citato dalla Strage degli Innocenti di Marco Dente di Ravenna da Baccio Bandinelli (Bartsch 26, p. 33, n. 21).

[C.G.]