Morte di Cleopatra

Morte di Cleopatra
Morte di Cleopatra

Francesco Xanto Avelli
(Rovigo, c. 1487 – Urbino, c. 1542)

MORTE DI CLEOPATRA

1534

PIATTO

Ceramica, maiolica, (cotto porcellanato)

Diametro: 26,3 cm

San Pietroburgo, The State Hermitage Museum

Iscrizioni:
Sul retro in blu: “1534 / morto ch’Antonio fu, / morir vols’io / F.X.A. / R. / i Urbino.”

Note:
Il piatto è stato restaurato ma presenta comunque alcune screpolature.

Provenienza:
Acquistato a Francoforte dall’antiquario Goldschmidt nel 1876 • successivamente passato nel Museo del barone Stiglitz • e dal 1923 fa parte delle collezioni dell’Ermitage.

Esposizioni:
Faenza 2003, cat. 50.

Bibliografia:
Karbon’er 1899; Ballardini 1938; Kube 1976; Join-Dieterle 1984; Lessmann 1979; Michajlova 1986; Ivanova 2003.

Commento dell’opera:
La fonte letteraria di questa maiolica è Plutarco con le sue Vite parallele (Libro XLVI) ed è raffigurata la morte di Cleopatra, che sta al centro del piatto stesa sul letto, coperta nella sola parte inferiore del corpo da un velo color azzurro e al braccio ha attorcigliato un serpente che la morde sul seno, come del resto vuole la leggenda, che narra appunto che dopo la sconfitta ad Azio di Antonio e il suo conseguente suicidio, Cleopatra cerca di avvicinare Ottaviano ma non essendoci riuscita si suicidò con del veleno o, appunto, accostandosi al seno un serpente velenoso. In piedi, accanto alla giovane donna, ci sono due figure femminili e sul suo stesso giaciglio vi è Amore in lacrime che con le mani si copre il volto; mentre sull’estrema destra vi è una figura maschile dai capelli e barba bianchi.
La composizione trae la propria origine dall’incisione di Agostino Veneziano da Raffaello.
Le due donne in piedi sulla sinistra sono le stesse che Xanto raffigurerà quattro anni più tardi nel piatto con la Vestale Tuccia (vedi scheda n.152) e derivano dall’incisione di Gian Giacomo Caraglio da Rosso Fiorentino raffigurante la Disputa tra Muse e Pieridi di Gian Giacomo Caraglio da Rosso Fiorentino (Bartsch 28, p. 186, n. 53).

[C.G.]