Morte di Piramo e Tisbe

Morte di Piramo e Tisbe
Morte di Piramo e Tisbe

Francesco Xanto Avelli
(Rovigo, c. 1487 – Urbino, c. 1542)

MORTE DI PIRAMO E TISBE

1532

PIATTO

Ceramica, maiolica, (cotto porcellanato)

Diametro: 28,7 cm

Boston, Museum of Fine Arts

Iscrizioni:
Sul retro: “.1532. / Vedi Piramo e, Tisbe i sie / me à l’ombra. / Nel .V: Libro d Ouidio Meth. / .f.X.A.R. / i Urbino.”

Note:
Il piatto è stato oggetto di un intervento di restauro.

Provenienza:
Boston, forse collezione di James Jackson Jarves • Boston, collezione Lawrence • Boston, Boston Atheneum, prestato poi al Museum of Fine Arts di Boston.

Bibliografia:
Hipkiss and Dunham 1933; Ballardini 1933-1938; Ballardini Napolitani 1940; Triolo 1988; Rasmussen 1989; Wilson 1993; Triolo 1996.

Commento dell’opera:
Osservando l’iscrizione  apposta sul retro è evidente una ripresa da parte di Xanto del Trionfo d’Amore di Petrarca, e in effetti quel che viene inscenato in questo piatto è proprio una storia, in cui si vedono i diversi momenti della narrazione. Sulla sinistra, infatti, si trova la figura di Tisbe mentre sta sfuggendo al leone; mentre nel centro vi è nuovamente la giovane Tisbe, con alle spalle uno sperone roccioso, rappresentata frontalmente con la spada che le sta trafiggendo il torace ed ai suoi piedi, steso, inerme, senza vita, si scopre la figura di Piramo. La parte destra della maiolica è destinata a mostrare sullo sfondo una città murata e una torretta di controllo e probabilmente va identificata con Babilonia, la città dei due amanti;  in primo piano è inserita una fonte alla quale è apposto lo stemma con l’ombrellino della celebre famiglia Pucci (si veda la Scheda n.1).
Per creare tale composizione il maestro ha fatto uso di alcune stampe celebri all’epoca, nello specifico la figura di Piramo è tratta dall’incisione con Davide e Golia di Marcantonio Raimondi da Perin del Vaga (Bartsch 26, p. 19, n. 10) probabilmente a sua volta tratto da un disegno di Raffaello; mentre invece la figura di Tisbe morente è ripresa dalla Contesa tra le Muse e le Pieridi di Gian Giacomo Caraglio da Rosso Fiorentino (Bartsch 28, p. 186, n. 53).

[C.G.]